Maria Moramarco e Campo 65 — Il grano il cielo il filo spinato

il videoclip disponibile online

pro­get­to cui è sta­to con­ces­so un cor­ri­spet­ti­vo eco­no­mi­co nel­l’am­bi­to di Puglia Sounds Plus, avvi­so pub­bli­co Puglia Sounds Producers, secon­da sca­den­za 2023

Il progetto

Il gra­no il cie­lo il filo spi­na­to”. Disponibile onli­ne il video docu­men­ta­rio in ver­sio­ne com­ple­ta su Campo 65. Regia di Gianfranco Pannone e Valerio Burli. Con le can­zo­ni di Maria Moramarco ed Ensemble Campo 65. Prodotto da Suoni del­la Murgia insie­me a Puglia Sounds Producers 2023.

Il lavo­ro è ispi­ra­to alla vicen­da di Campo 65, la più gran­de strut­tu­ra di deten­zio­ne in Italia per pri­gio­nie­ri degli eser­ci­ti allea­ti duran­te la secon­da guer­ra mon­dia­le, che sor­ge­va sul­la stra­da tra Altamura e Gravina in Puglia (Bari). Il pro­get­to, pre­sen­ta­to dall’associazione Suoni del­la Murgia, è vin­ci­to­re del ban­do Puglia Sounds Producers 2023. Nei gior­ni scor­si è sta­to pos­si­bi­le visio­na­re solo una bre­ve anti­ci­pa­zio­ne (tea­ser in ger­go) del video docu­men­ta­rio mul­ti­me­dia­le. Da oggi la ver­sio­ne completa.

Pur essen­do col­lo­ca­to in un’area lon­ta­na dai fron­ti di guer­ra prin­ci­pa­li, attra­ver­so Campo 65 è pas­sa­ta la sto­ria del pri­mo Novecento. Si trat­ta di una vicen­da che per anni è sta­ta in par­te rimos­sa, restan­do qua­si sco­no­sciu­ta alle popo­la­zio­ni del cir­con­da­rio. Nel perio­do tra il 1942 e il 1943, Campo 65 ospi­tò cir­ca 12 mila pri­gio­nie­ri del Commonwealth bri­tan­ni­co di diver­se nazio­na­li­tà, cat­tu­ra­ti dal­le for­ze arma­te dell’Asse sul fron­te bel­li­co nord afri­ca­no e con­dot­ti in Italia. Proprio ispi­ran­do­si a quel­la vicen­da Maria Moramarco ha scrit­to i testi e ha com­po­sto le musi­che di alcu­ne can­zo­ni insie­me a Luigi Bolognese, men­tre i bra­ni stru­men­ta­li sono sta­ti com­po­sti dall’ensemble Campo 65 (Carlo La Manna, Adolfo La Volpe, Fabio Mina, Francesco Savoretti). Presto le com­po­si­zio­ni potreb­be­ro esse­re inse­ri­te in un disco. In que­sti ulti­mi anni sono sta­te pro­po­ste spo­ra­di­ca­men­te dal vivo riscon­tran­do un gran­de inte­res­se e susci­tan­do viva emo­zio­ne. Nel frat­tem­po alcu­ne can­zo­ni (“Uailì de La Guerra”; La Lettera”, pre­sen­te già su Spotify https://​spo​ti​fy​.link/​W​J​f​V​z​q​6​U​SDb; Il capra­io”) e due bra­ni stru­men­ta­li costi­tui­sco­no la colon­na sono­ra del video docu­men­ta­rio rea­liz­za­to gra­zie alla pro­gram­ma­zio­ne di Puglia Sounds e inti­to­la­to Il gra­no il cie­lo il filo spi­na­to”, nel qua­le la gran­de sto­ria del Campo, dimen­ti­ca­ta per anni, incon­tra la musi­ca e il lin­guag­gio cine­ma­to­gra­fi­co. E per di più con un respi­ro inter­na­zio­na­le. A fir­ma­re la regia Gianfranco Pannone, auto­re di diver­si docu­men­ta­ri, alcu­ni pro­dot­ti dal­la Rai, e fina­li­sta ai Nastri d’argento e ai David di Donatello, e Valerio Burli che si è occu­pa­to anche del mon­tag­gio e dell’editing. Nel docu­men­ta­rio imma­gi­ni e testi­mo­nian­ze pro­ve­nien­ti dal pas­sa­to si alter­na­no a inter­vi­ste e ripre­se video dell’attuale con­di­zio­ne del cam­po che scon­ta un anno­so abban­do­no. Un rac­con­to sot­to­li­nea­to da can­zo­ni di gran­de impat­to evocativo.

I testi dei bra­ni sono in dia­let­to, solo nel caso del­la can­zo­ne La let­te­ra” ven­go­no uti­liz­za­ti sia il dia­let­to che la lin­gua ingle­se pro­prio per sta­bi­li­re una con­nes­sio­ne tra il ter­ri­to­rio e la comu­ni­tà inter­na­zio­na­le dei pri­gio­nie­ri, pro­ve­nien­ti da diver­se par­ti del mon­do, che è pas­sa­ta da que­sta vera e pro­pria cit­tà, sor­ta nel­la Murgia, ben­ché sepa­ra­ta dal­le altre. Le loro sto­rie tro­va­no eco oggi nei docu­men­ti e nei rac­con­ti dei discen­den­ti di quei sol­da­ti. Il tema pre­va­len­te del­le can­zo­ni è quel­lo del­la guer­ra, tri­ste­men­te tor­na­to di gran­de attua­li­tà negli ulti­mi anni: la pau­ra, l’incertezza, la dispe­ra­zio­ne per l’assenza dei con­giun­ti al fron­te (pro­prio come ne La Lettera”). Ma emer­go­no dai testi anche le con­di­zio­ni socia­li del­la comu­ni­tà agri­co­la del ter­ri­to­rio, il livel­lo di mise­ria e il pesan­te lavo­ro dei cam­pi che pote­va­no per­fi­no esse­re un infer­no più duro del­la guer­ra. Ho attin­to anche al mate­ria­le del­la tra­di­zio­ne — spie­ga Maria Moramarco, da diver­si anni impe­gna­ta nel­le ricer­che e nel­la risco­per­ta dei can­ti dell’Alta Murgia — per rac­con­ta­re la guer­ra come lon­ta­nan­za, il lamen­to di una don­na, la dispe­ra­zio­ne dell’assenza e la man­can­za di noti­zie di qual­cu­no dei suoi cari par­ti­to per la guer­ra come fat­to sto­ri­co ma allo stes­so tem­po così attuale”.

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